Giuseppe Cassieri, Poetica di un infelice

18-10-2008
Il poeta e il mal caduco, di Bruno Quaranta
 
Ci sono gli scettici e ci sono gli stoici. I primi fronteggiano i giorni dispari sfoderando uno sguardo beffardo. I secondi soccombono arrovellandosi. I primi sono i «célibataires» di Henry de Montherlant, i secondi sono le anime compresse di Giuseppe Cassieri. Poetica di un infelice è il diario di una vita (o forse) due riluttanti, a latere rispetto agli ordinati sentieri, estranea (estranee) al rodato, ebete flusso.
Perché c’è, nella narrativa intrisa di pensiero non da oggi interpretata, testimoniata, da Cassieri, un’urgenza: sfarinare, scrollarsi di dosso, le ciprie, i miraggi, le favole di latta. Saverio, l’«inetto» della Poetica, per esempio affretta con la sua durlindana l’ubriacatura modernista o ultramodernista: «…La filiera dei devoti sopravviventi: oroscopo, astrologia, magia bianca, erboristeria, biro e stilo, scialo di carta stampata, esorcismi e lotterie… Insomma, Ezio, di quale era copernicana stiamo parlando?». Ovvero com’è arcaico, superstizioso, insipido questo nostro mondo (con buona pace dei retori che si crogiolano biascicando di stagione all’inferno).
Il bibliotecario Ezio è il deuteragonista (l’altro riluttante, infine) della Poetica. Un samaritano in soccorso del «personaggio lampo-e-tuono che sfugge a se stesso». Ossia di Saverio, gravato dal mal caduco, il lunario sbarcato ora in veste di supplente (ma brado) ora confezionando tesi di laurea, qualche parentesi, dantescamente né triste né lieta, da un convegno a un’escursione lungo la Riviera di Ulisse.
È un poeta, Saverio. Che i versi ora li lucida (quando al parco, con la vernice rossa, ricrea il cippo leopardiano, l’«infinito», lettera dopo lettera) ora li compone, ma aspirando all’ignoto, a poco a poco approdando – «tormentata coerenza» – all’invisibile, gemello, eco, di un ulteriore Saverio, il tassista nel Primo quarto di luna di Arpino.
Che cosa resta, ti resta, quando hai assistito alla dissipatio dell’umano genere? Giuseppe Cassieri, come uno stoico in ansia per il passato, sia per il presente, sia per il futuro, sempre più rari, ormai estinti color che sanno, trova rifugio e quiete dialogando con le Ombre. Così folte nella Poetica. A cominciare da Flaiano, la sublime, inimitabile arte di stare «con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole».