Poetica di un infelice
Poetica di un infelice
INCIPIT
Mi trovavo in macchina, bloccato dal traffico e sulle spine per il ritardo che si accumulava a causa di un tamponamento a catena in viale Adriatico. Il tamponamento, e relativo accompagno di clacson, era dovuto – ci informava il vigile – a una frenata ridicola, jellosa. Nessun danno serio, per fortuna, alle persone. Un gatto nero sbucato da un pozzetto del marciapiede stava per tagliare la strada e il conducente dell’Audi si era ben guardato dal proseguire a sangue freddo. Rifugiandosi nel rispetto che si deve a una creatura animale, riteneva di aver agito con spirito civile, pur consapevole dello scompiglio in atto. Il movente era però diverso, confermato più tardi dai tecnici, dalle compagnie di assicurazione e dall’imbarazzo dello stesso protagonista. In breve, l’uomo sotto accusa aveva tirato il freno per scansare non il gatto temerario in quanto tale, bensì in quanto malefico gatto nero. Al che, venti trenta voci inferocite si erano levate contro l’irresponsabile, bollandolo di stupidità e di razzismo. In coro motteggiavano: «Se ti rode la superstizione tòccati i fondamentali, riempiti di corna e paga le spese!»