Giuseppe Fiori, Chi ha rubato Pecos Bill?

22-04-2009

Perdoni commissario!, di Maddalena Mongiò

Impossessarsi di qualcosa che appartiene a qualcun altro è un esercizio largamente utilizzato. Appropriarsi di un’idea, di uno spunto creativo, di quattrini, è pratica riprovevole ma spesso utilizzata. Furto con scasso, con destrezza, reiterato, di piccola o grande entità. Lo scenario è vasto. I furti o le truffe di grandi dimensioni catalizzano l’attenzione dei media, la microcriminalità è relegata alle pagine della cronaca locale. Di questo mondo, di questa serie B della criminalità più o meno organizzata ci racconta Giuseppe Fiori con il suo romanzo “Chi ha rubato Pecos Bill” pubblicato da Manni editore. Siamo a Roma, nello scorcio preciso tra l’isola Tiberina e Porta Portese, nello spazio delimitato di un commissariato. Siamo nella capitale ma Omar Martini, commissario di polizia fluviale, non ha da combattere con il volto cattivo della città. Il freddo intenso, la stufa che non è accesa, il giornale da leggere, il rapporto della giornata da visionare: poca roba. Sino all’irruzione di Uberto Harry che denuncia il furto dell’intera collezione dei fumetti di Pecos Bill. “Sono rincasato questa notte tardi, saranno state le tre e ho trovato la porta aperta, sono entrato guardingo, perché avevo paura di trovarmi faccia a faccia con il ladro, e ho visto le mie carte a soqquadro; sul tavolo da disegno, dove scrivo, c’erano sparsi una quantità di miei progetti e le ultime sceneggiature.” Con la descrizione pacata del derubato si sviluppa la narrazione di una settimana di lavoro nel commissariato, una settimana costellata di furti al limite dell’acrobatico. Dalla collezione di fumetti di Pecos Bill rubata per ben due volte, al cavallo bianco di una poliziotta, il racconto scorre con ritmo veloce e accattivante. Non manca il delinquente redento; l’aspirante ladro che per amore deve scegliere tra una vita fuori dalle regole e una vita casa e lavoro; il tormento del commissario per Anita che da tre mesi lo ha mollato. Come un pittore d’acquerello Giuseppe Fiori tratteggia con levità schegge di vita, senza cadere nella retorica, senza scivolare nel pietismo, senza cedere alla tentazione di facili psicologismi.  Il primo livello di lettura permette di conoscere la storia che riguarda i personaggi, il secondo livello permette di conoscere l’anima del libro. Così anche qui tra i furti più o meno improbabili prepotente si affaccia il protagonista che non ha fattezze definite o un nome o un posto preciso tra un paragrafo e l’altro. Un protagonista occulto che semina parole di saggezza e svela l’arcano senso del bisogno di impossessarsi di ciò che non ci appartiene. E’ tutta qui la forza di questo libro: narrazione pura, senza l’ossessione di dover stupire a tutti i costi, senza l’affanno di voler sperimentare.