Che dire di Diario inverso di Lucianna Argentino? E con voluta retorica do l’avvio a questa nota, perché già sappiamo molto di lei, così come del suo scrivere. L’amico Marco Guzzi, nella sua introduzione alla raccolta, lascia poco da aggiungere. Lucianna è “fra i degni” (potremmo dirla col Vangelo), cioè di quella pasta di donne e uomini che perdurano in una fede, ma che mai l’impongono, in particolare mai la rendono termine di paragone, privilegiando l’umanità, e i discorsi su questa, al procedere per ‘rimandi’ o ‘raccordi’ in funzione di sostenere un proprio credo ad oltranza (cioè ponendo barriere o steccati). Il suo insieme parla, appunto, di relazioni, in particolare fra donna e uomo, e mette il dito in quella che è la crisi attuale che sta vivendo il rapporto di coppia, il fidanzamento, il matrimonio. Argomento scottante, a momenti ruvido, sgranato, ostico, snervante. Lucianna eleva “l’amore sincero” (e se lo può permettere) come unica possibilità per non rovinare, per non franare. Se ciò, in un altro autore, potrebbe suonare trito, quel tanto ‘artificioso’, ‘stucchevole’, con l’Argentino diventa… o, meglio, continua a mantenersi quale “primo canto”. Nel suo scrivere non esiste ridondanza, pesantezza, ‘dictat’, fanatismo, esaltazione, l’insieme viaggia armonico, vero, sentito, come di chi avanza le mani col palmo al cielo nel segno del donare e non del ricevere. Lucianna è coerente, ecco il termine (… del resto virtù a me cara), e, nella coerenza, ecco prendere figura la ‘forza’, perché di forza etico-morale stiamo parlando, così come di forza trasferita nel verso. In tal modo la volontà si fa strada, la dedizione, la prontezza al sacrificio, e le immagini si susseguono a onde, come in un respiro. Poi si concretizza l’Imminente, che dallo spirito, dal trascendente, dal metempirico, si viene a materializzare ai bordi di un deserto, metafora del distaccato riflettere, ma, anche, “del mare di sabbia che ci divide dall’oltre”. Altro e altro ancora ci sarebbe da dire, così il come la sapienzialità non risulti mai saccente, oppure come Lucianna sa ancora risolvere formalmente ciò che concettualmente pare già risolto da quando l’uomo ha iniziato a pensare e poi a scrivere, ma quel che a seguito riporto può bastare: “Mi manca la poesia / nel giorno sceso in cenere / a forzare la veglia laica / la veglia stanca e irragionevole / al dio liquefatto nell’inchiostro / fatto preghiera di cose andate / e presto ritornate a nuovo uso / come la pioggia o la parola / accolta in limine /all’avvenimento che la dice.” Il suo è libro da non perdersi assolutamente!