Massimo Dicecca, Il libro dell'inquietudine di Biagio Miraglia

25-01-2010

Scrivere per spiegare l'io, di Alessia Villani

Il libro dell´inquietudine di Biagio Miraglia, questo il titolo del testo di Massimo Dicecca, ingegnere napoletano, presentato lunedí scorso alla libreria Ubik. La serata, organizzata da Michele Trecca, é stata caratterizzata da un´aperta conversazione tra il moderatore Davide Grittani, l´autore del romanzo, Dicecca (in foto), e la partecipazione del pubblico. 'Di gran rilievo è il binomio tra scienza e letteratura - sottolinea Grittani - è bello che un ingegnere abbia a che fare con le lettere. La scrittura é aggressiva ma al tempo stesso molto efficace e ritmata'.

Un libro ricco di particolari, ambientato quasi interamente a Napoli, in cui si affrontano svariati argomenti: dall´idea della reincarnazione al desiderio di fuga, alla necessità di conoscersi meglio. In base a questo, l´autore stesso dice: 'Ho scritto questo libro sia per spiegare me, sia per spiegare me a me stesso, anche se il libro non parla di me. Scrivere é uno strumento di comprensione, come salire una scala, senza scrivere si ha un senso di dispersione, scrivendo invece si parte da un gradino piú alto. Si arriva a un´autoscoperta di maggior profondità'. La trama oscilla tra la morte e la paura di quest´ultima, l´anima e il tempo che passa.

Quasi contemporaneamente alla scrittura del libro, l´autore ha pensato di porre nella vicenda del romanzo, tra i protagonisti, un personaggio insolito, quasi sconosciuto al pubblico: Biagio Miraglia. Questo è stato un poeta e repubblicano in politica, nato in Calabria nel 1823, il quale aderí alla Società Nazionale Italiana sposando la politica di Cavour. Dicecca spiega peró che non vi é un motivo fondamentale che lo ha spinto a introdurre nel suo romanzo questo personaggio, bensí una ragione piú che altro affettiva, dato che a Biagio Miraglia é stata intitolata una via di Napoli in cui viveva da piccolo l´autore.

Quasi fondamentale é l´uso delle metafore che lo scrittore inserisce nel libro: 'La metafora é un modo di approfondire, serve a parlare meglio di una cosa di cui é difficile parlare: la fuga, ad esempio, é la metafora della morte, dell´attesa della morte'. Durante la conversazione si parla anche di Napoli, in cui é ambientata la vicenda. Grittani fa notare al pubblico, e a Dicecca, che la città di cui si parla, la Napoli per bene, é ben diversa dalla Napoli di oggi, una città che non si riconosce piú. 'Sicuramente Napoli non é piú cosí inglese, si é involgarita insieme a tutta la nazione- risponde Dicecca- Come gran parte dell´Italia, Napoli sta peggiorando'.

La serata si é conclusa con un commento di Michele Trecca: 'La forza di questo libro é la commistione dei registri. Atmosfera kafkiana, inseguimento da film hollywoodiani. Tutto ció rispecchia la ricchezza della personalità dell´autore'.