Mordi&Fuggi

10-07-2007

Per evadere dalla Notte della Taranta, di Enzo Mansueto 

 
Il sottotitolo recita «16 racconti per evadere dalla taranta», come a dire: non se ne può più di pizziche e tarantismo! Almeno letterariamente, e sulla spiaggia, disertiamo! Ma non è così. A leggerli, i 16 racconti raccolti in Mordi & Fuggi (Manni, Lecce 2007, pp 190, euro 14) ci riportano piuttosto – sia pure in chiave «alternativa» – di fronte all’ennesimo tentativo di calvalcare il fenomeno folcloristico. Ed è giusto che sia così, se consideriamo che si tratta della prima uscita di una nuova collana del maggiore editore salentino e, dunque, in chiave politico-editoriale, l’operazione è più che mai giustificabile, vista anche la collocazione stagionale di questo debutto, a ridosso di quella Notte della Taranta che si è imposta ormai, piaccia o non piaccia, come l’evento mediatico e collettivo pugliese di maggiore risonanza.
Del resto, già l’introduzione, a firma dell’antropologo Marino Niola, con il suo impianto storico-culturale, ci autorizza a inserire pienamente questa pubblicazione nell’onda del pizzica-revival e le conclusioni alle quali lo studioso addiviene paiono appunto autorizzare un tale tipo di marketing: «Oggi la taranta si vede trasformata in bene immateriale, in agriturismo del “popolare”, in glocal. E si va a scuola di pizzica, come si va a yoga o a pilates. E tuttavia perfino il marketing più disinvolto della Lascivia Chorea, rappresenta una prova ex contrario dello straordinario potenziale simbolico del tarantismo».
Uno straordinario potenziale simbolico che non poteva non travolgere dunque le strategie editoriali locali e l’ispirazione degli scrittori. Sedici, diversi e distanti, anche geograficamente, ma in certo qual modo rappresentativi, almeno generazionalmente (quasi tutti sono nati tra anni Sessanta e Settanta) della contemporaneità narrativa italiana: Cosimo Argentina, Andrea Bajani, Giovanna Bandini, Giosuè Calaciura, Antonella Cilento, Carlo D’Amicis, Teresa De Sio, Omar Di Monopoli, Elisabetta Liguori, Carlo Lucarelli, Gianluca Morozzi, Antonio Pascale, Aurelio Picca, Laura Pugno, Livio Romano e Grazia Verasani. Nomi importanti e ampiamente affermati, per lo più, anche se, come spesso avviene con queste antologie su commissione, le prove più riuscite non sono quelle delle penne più note.
Mediamente, però, la qualità narrativa del volume è buona, compresa quella degli autori pugliesi. Il protagonista della breve narrazione metallica e metallurgica di Cosimo Argentina, così risponde all’invito di partecipare alla Notte della Taranta: «Io sono uno di Taranto! A me manco le devi dire ’ste fesserie qua!» E conclude: «A voi la Taranta a me Taranto: e questo è quanto!». Carlo D’Amicis ci riporta alle avventure infantili con gli animali e al vecchio cane pizzicato dalla tarantola in giardino. Storia d’infanzia anche per Omar Di Monopoli, con tanto di casa stregata, «ufi» e morsi di ragno. Femminilità solitaria ed estraniata, invece, nel racconto di Elisabetta Liguori, che apre il volume. Livio Romano ci ripropina il Gregorio Parigino, protagonista del suo ultimo romanzo, offrendoci un disincantato e ironico squarcio nel backstage, con immancabile zona vip, proprio della Notte della Taranta, tra televisioni locali e spiazzanti Green Day a suonare il loro punk melodico sullo sfondo della pizzica.
Stralci narrativi piacevoli, nel complesso, legati da un pretesto editoriale, come si diceva in apertura, più politico-territoriale che autenticamente culturale, capace comunque di suggestionare la fantasia degli scirttori, la cui originalità, in fondo, è da sempre collegata all’abilità con la quale essi sanno pizzicare un luogo comune.