Pietro Gatti Poeta

29-11-2010

Rime pugliesi in umile dialetto, di Pasquale Tempesta

È vissuto ed è morto di poesia. Si potrebbe racchiudere in queste poche parole (un casuale endecasillabo) l’excursus esistenziale di Pietro Gatti, considerato da molti critici – come ricorda Ettore Catalano in Letteratura del Novecento in Puglia – uno dei «più importanti poeti dialettali italiani del secondo dopoguerra o forse dell’intero Novecento». Gatti, infatti, da una «piccola patria eccentrica», la nativa Ceglie Messapica (BR), seppe elevare un canto denso di profondi significati sociali «sull’intera umanità violata e silente», un grido di dolore ancora universalmente ascoltato perché diretto non soltanto alla terra e alla società salentine.
Ad affermare che il «timido, assai timido» don Pietro (così riservato al punto che la sua opera non è stata forse adeguatamente riconosciuta nel suo stesso ambiente) «è morto di poesia» è stato Gerardo Trisolino in una delle tante, autorevoli testimonianze che sul cantore brindisino sono raccolte in due volumi, curati da Donato Valli e che riportano si può dire l’«opera omnia» del poeta. Due tomi, per un totale di quasi ottocento pagine, dallo stringatissimo titolo Pietro Gatti. Poeta e rappresentano un vero e proprio scrigno di saggezza, di esperienze vissute nella magica atmosfera di una terra costellata di sassi, di ulivi, di case e muretti imbiancati di calce; storie di una comunità, quella essenzialmente contadina, semplice, gioiosa ma allo stesso tempo gravata di fatica e di dolore.
Un poeta, dunque, «vissuto e morto» di poesia, perché i suoi versi pregni di umanità li ha cantati con parole e struggenti per raccontare non solo l’esistenza ma anche l’epopea di gente umile, di fanciullezze violate da fatiche prematuramente imposte, di donne schiacciate da vedovanze precoci. Sono centinaia le liriche, edite e inedite, raggruppate sotto titoli già di per sé molto significativi (ne riportiamo solo alcuni, volgendoli in italiano a causa dei duri suoni dello stretto dialetto): Un vecchio diario d’amore; Memorie di ieri e di oggi; Qualche vita; La seconda venuta; Giochi, che danno però solo una pallida idea della ricchezza spirituale e intellettuale di un poeta che ha scelto il vernacolo, il parlare degli umili, come lo strumento più efficace per penetrare nel cuore della gente di ogni latitudine. I due volumi sono impreziositi dalle riproduzioni di opere pittoriche di Uccio Biondi.