Pietro Spataro, Cercando una città

11-01-2007
Pietro Spataro ovvero Pereira del nostro tempo, di Massimiliano Melilli
 
Io non ho rimorsi per aver letto
la filosofia di Marx o i quaderni
del carcere di Gramsci, oppure
aver deviato inseguendo l'eresia
di qualche altra umana filosofia
Non ho delitti da chiedere perdono
nemmeno pentimenti da recitare:
ho cercato una città che cerco
ancora oggi che è così misurata
la passione,smilzo il breviario
di questo pacato andare in ordine
senza più lo scarto nemmeno
di un'avanscoperta sul terreno
 
In questa Confessione si delinea uno dei tratti più alti della poesia di Pietro Spataro, vice-direttore "storico" de l'Unità. Ma dalla lettura di questa raccolta di versi - Cercando una città, Manni (120 pagine, 13 euro) - si evince anche il registro "anomalo" di questo giornalista, apparente ostaggio del tumultuoso fluire dell'attualità e raffinato liberatore di versi, nel senso che fra la fine del 2002 e l'inizio del 2006, Spataro ha finalmente espresso la sua natura di poeta, dopo aver analizzato e incubato piccoli e grandi (mis)fatti della nostra epoca.
Non è certo frutto di casualità o strategie editoriali se, padrini nobili di questo testo lieve e struggente, risultano Valerio Magrelli, Gianni D'Elia e Pietro Ingrao. I primi due, poeti di lungo e apprezzato corso, hanno incoraggiato e supportato la stesura del testo sino a pubblicazione avvenuta. Un aiuto spontaneo, caldo e appassionato verso un poeta che ha vissuto sulla pelle, sino in fondo, il tormentato cammino politico e ideologico del partito comunista. Ingrao, scrive invece un breve e toccante saggio introduttivo al testo. E nel pensarlo - ne siamo convinti - ha ripercorso sul filo della storia in nome collettivo e dell'impegno personale, la fenomenologia del partito.
Lieve e suggestiva anche l'impostazione che Spataro sceglie per offrire al lettore questi versi. E' un viaggio per temi, volti e sensazioni. Da Genealogie a Cartografie a Lunario sino a Planetario, Spataro ci conduce dentro un mondo fatto di angoli e drammi appartati che solo l'occhio vigile e l'udito fuori dal coro del poeta, riesce a cogliere nella loro "vera" dimensione. Una dimensione che pare rarefatta ma che ad una degustazione più lenta esprime invece l'ambivalenza del testo: memoria e speranza. Tranche de vie, lapilli, frammenti in ordine sparso che dal petrolio a Baghdad alla pena di morte sino ai mestieri del popolo, ci restituiscono un Pereira del nostro tempo, pronto a denunciare le mistificazioni del potere ma che nel frattempo, nel segreto disvelato della coscienza, continua a coltivare emozioni e a distillare versi. Risultato. Cercando una città, opera raffinata e utile.
"Cercando una città - chiosa Ingrao, oltre che figura storica del partito, fine intarsiatore di versi - è insomma un libro asciutto e amaro. Si trova a volte nei testi un certo spaesamento davanti agli orrori della nuova modernità: l'irrompere sulla scena del popolo degli immigrati come nuovi sfruttati, la solutidine che ognuno reincontra nei 'frammenti della vita quotidiana'. Infine - argomenta Ingrao - pervade queste pagine la paura di avere un brutto destino: essere al mondo ormai solo per 'fabbricare sconfitte, demolizioni / in attesa di ignote resurrezioni', come recita la Costruzione della sconfitta, la poesia che non a caso chiude il libro".