Un investigatore mancato, di Luigi Marfè
Che un semiologo sia sempre anche un investigatore mancato, è qualcosa che la critica letteraria ci ha dimostrato ormai da un pezzo. Fuga per Andromeda di Romana Rutelli prende però la metafora alla lettera, dal momento che il suo narratore è un giovane ricercatore impegnato a fare luce sulla vicenda di un misterioso rapimento e di ancora più inspiegabili e intricate avventure amorose. Che fine ha fatto l'astronoma di fama mondiale Selene Stellaris? E' partita per il solito convegno di astrofisica o è stata rapita da qualcuno che vuole mettere le mani sul suo patrimonio? Guardare troppo le stelle le ha dato alla testa oppure la disperazione per la morte del figlio tossicodipendente ha finito per farla impazzire? La detective story imbastita da Romana Rutelli, già autrice del romanzo Ritratto di signora capovolta (2002), possiede tutti gli ingredienti elencati da Umberto Eco quando ha definito il giallo come racconto strutturato. Solo che, al momento di stringere le fila dell'intreccio, scommette su ciò che resta di indeterminato nel suo marchingegno a orologeria. E' questo del resto il significato della fuga per Andromeda cui fa riferimento il titolo. L'immagine della nebulosa, di cui non si può sapere cosa nasconda fino a che non la si è attraversata, rappresenta l'ignoto verso cui Selene cerca di evadere per dimenticare l'orizzonte meschino della sua vita. Come quella di Amleto nelle parole di Polonio, la sua follia possiede però quella "happiness / that often madness hits on, which reason and sanity / could not so prosperously be delivered of" (Hamlet, ii, 2, 208-210). Questo progetto di fading rivela infatti un mondo insospettato di affetti e generosità, che fa sentire Selene parte della Terra, a dispetto del cielo. O forse anche con la sua approvazione, se è vero che le stelle non sempre sono sorde al nostro desiderio di raggiungerle.