Così si racconta l'incubo dei lavoratori precari
Tu quando scadi, edito da Manni nel 2005, è una raccolta di racconti di precari, più o meno giovani, ma che comunque ogni giorno si trovano a dover fare i conti con l’incertezza, l’insoddisfazione ed un senso opprimente d’insofferenza per quello che sta capitando loro, o meglio non capitando, perché è questo che si prova evidentemente, un disarmante e pur consapevole stato di nullafacenza ti coglie al mattino e senti che andrà avanti così ancora per molto. “La precarietà non è più una stagione a cavallo tra adolescenza a maturità, ma diventa l’intero orizzonte del vivere, del lavorare, dell’abitare, dell’amare, del mangiare, del soffrire, del morire” scrive Nichi Vendola nell’introduzione al libro. È questo il dramma vero. Quello dell’essere precari non è una situazione precaria, è la sola stabilità su cui si possa fare affidamento. Ne sono una dimostrazione le testimonianze riportate sul libro, alcune delle quali prese da internet ed altre accompagnate da nome e cognome. Un mayday mayday riecheggia disperato e pure spesso autoironico tra le righe di questo testo amaro, dove chi scrive, scrive se stesso riuscendo a coinvolgere una pletora di “invisibili”, di disoccupati, di “interrotti” e di barcollanti aspiranti lavoratori. Un excursus che parte dalla A di “Arrabbattarsi” per giungere alla Z di “Zingarisciare”, un neologismo, certo, che però rende bene l’idea dell’andar di qua e di là per sentieri tortuosi che possono interrompersi da un giorno all’altro e s’insinua la convinzione che quel cercare lavoro sia ormai il tuo unico lavoro. “La vita dei nostri ragazzi è una narrazione fratturata” dichiara ancora Vendola, una crepa nel percorso di ognuno, un impedimento a progettare, a programmare il proprio futuro, neppure quello più imminente e perciò bisogna tenersi il presente dato che il futuro pare negato. E allora in bocca al lupo… “se non si è già finiti… in bocca al lupo!”.