La critica, il prestigio e il piacere di scrivere, di Giuseppe Amoroso
I riferimenti ai «cadaveri squisiti» di tanta politica, al «romanzo» delle intercettazioni telefoniche e alla «sanatoria» di una riforma che ha reso le università un «suk arabo» dove «svendere le lauree» chiudono questo arabesco di riflessioni che trova nella malizia di un’elaborata leggerezza un prediletto rifugio.
La letteratura può parlare di ogni cosa senza «dire mai niente di preciso», inseguire fugaci «illuminazioni», insegnare che in poesia «conta la musica» più dei significati o, con una «narrativa-espresso», accontentare il lettore medio che «non ha tempo da perdere» con quel Proust che «la fa tanto lunga». In fondo, nell’universo dei libri è «tutta una questione di punti di vista»: l’unica certezza è che, per sopravvivere, essi devono tentare sempre nuovi «salti di gioia».
Estroso e squillante, pronto a fare dell’allegria il suo linguaggio, E lasciatemi divertire! di Walter Pedullà registra, tra ammiccanti metafore e ironici fraseggi, sferzate polemiche e raffinate analisi, l’«avventura» di scrittori che hanno segnato il Novecento, senza trascurare un «intermezzo» sulla critica militante, chiamata ad «auscultare» la voce dei narratori e vivaci incursioni nell’attualità. Dal «prefuturista» Palazzeschi, artefice di un «irridente de profundis alla cultura dell’Ottocento», Pedullà sposta il suo sguardo sull’Apocalisse comica di Campanile, maestro di un «significante che è felice di stare senza significato», e sulle « frasi avvampate» di Zavattini.
È proprio il turno dell’opera-sirena di Gadda e dell’arbasiniano Super-Eliogabalo, dove gli episodi funzionano«in quanto dimenticano di doversi mettere d’accordo col resto»; di Calvino, che «volteggia leggero nel cosmo», e di Malerba, nei cui scritti uno strafalcione della punteggiatura fa «balenare paradossali verità»; della «prestidigitatrice abilità retorica» di Manganelli, dei personaggi immortali di D’Arrigo e di Bonaviri, vezzeggiatore di parole.