Felice Piemontese, Il migliore dei mondi

01-07-2006

Un insulso sopravvivere, di Giuseppe Roncioni

In questa raccolta di poesie Felice Piemontese non lascia scampo al mondo contemporaneo, che non è, né può aspirare ad essere il migliore dei mondi. Va giù duro con i versi, tirando al limite le possibilità espressive delle parole, per continuare a rincorrere e a mettere alle corde le ingannevoli certezze che, inquinando la sua esistenza, gli concedono soltanto lo spazio per un insulso sopravvivere. Evoca luoghi, sensazioni, gesti passati, lasciando libero sfogo ad un impasto di memoria che segue le scie di un voluto e straniante intreccio linguistico. Riesce così a crearsi delle alternative che lo rendono assai dissimile da chi sceglie di lasciar marcire i giorni in un inutile inanellare di abitudinarie azioni. A dire il vero, di tanto in tanto è tentato di mollare tutto per scegliere la comoda strada del silenzio. Certo non vuole arrivare a quello definitivo che Guy Debord, uno dei “cattivi maestri” di Felice Piemontese, impose alla vita quando prese atto dell’inutilità del suo “enorme / lavoro per sconvolgere / la vita quotidiana”. La sua drammatica uscita di scena va di pari passo con la piena affermazione della società dello spettacolo che, alla fine, è riuscita a mettere il guinzaglio agli uomini, costringendoli a sprecare “…una gran parte / della loro cosiddetta vita in un’automobile, e si spostano tutti / insieme nei cosiddetti week-end, e muoiono in serie / sulle strade, ad ogni nuova / epidemia, per un’ondata / di caldo o perché fa freddo, / per un errore di chi falsifica / gli alimenti di cui si nutrono…”. Alla realtà oramai è stato cucito addosso il vestito scintillante della finzione televisiva. Ma non tutto è perduto. Piemontese dimostra ancora di avere fiducia nella capacità della parola di creare scandalo nelle menti annacquate dalle verità preconfezionate e pronte per l’uso, e di puntare lo sguardo sulla brutale e ossessiva violenza che l’uomo contemporaneo è in grado di applicare, con scientifica perversione, sul suo simile. Egli conclude il libro con la convinzione che la poesia, fino a quando le sarà concesso lo spazio per esprimersi, troverà sempre il coraggio di rinfacciare agli uomini l’irrisolvibile degenerazione nella quale hanno scelto di sprofondare.