Maddalena Mongiò, Il portone sulla piazza

15-11-2005

Maddalena Mongiò e il suo Salento


L’autrice dà voce e profilo a maschere tragiche che sembrano spargere i loro sentimenti deformi sulla scena narrativa in maniera ossessiva, coattiva, persistentemente e coralmente lancinante. Un libro singolare, punto di incontro fra avanguardia e romanticismo. La maestria di questa autrice salentina incanta. La scrittrice è nata a Lecce e nel suo modo di scrivere e nei temi trattati non mancano i sapori della sua terra.
La vita di Barbara parte da una morte e finisce in una morte, senza tralasciare momenti di intensa passione e desiderio. Juana Imenez de la Cruz è l’altra donna che trascina nella spirale dell’estasi. Da contrasto alla figura Graziosa di suor Juana, sulla scena irrompe un arcivescovo inquisitore. Uno di quelli che facilmente si possono immaginare bruttissimi. In mezzo a questo idillio di proteste e denuncie appassionate scolpite nelle parole delle protagoniste delle vicende, specialmente nel caso di Juana, ci si deve immergere nelle acque irrequiete della necessità di scrittura.
Maddalena Mongiò racconta e quel suo singhiozzo diventa un sintagma scritto. Un intreccio di storie si dipana e non ammette distrazioni, avvolgendo i protagonisti ed il lettore che ne resta indissolubilmente legato, come avvolto alla tela di un ragno invisibile al quale non si può sfuggire.
Vicende di uomini e donne che amano farsi del male “maschere tragiche” che seguono i loro sentimenti deformi sulla scena narrativa ossessivamente. Amori annoiati, come una sera al tramonto, amori improvvisi come un temporale primaverile. La solitudine, l’incomunicabilità, il perdersi dei pensieri, la morte che arriva ad interrompere il corso degli eventi.