Nicola Vacca, Incursioni nell'apparenza

01-06-2006

Dai versi d'amore alla cronaca di momenti dolorosi, di Antonio Arabia

Nella seconda metà dell’Ottocentoe nei primi del Novecento il ruolo del poeta muta. Egli non è più integrato nella società come un interprete degli ideali del suo tempo. E' più isolato, spesso ribelle e contestatore della nuova società industriale, ove una folla anonima diviene protagonista della scena urbana, dove anche la cultura ufficiale è spesso rivolta ad esaltare le conquiste del progresso ed il fascino della vita delle grandi città e il suo collegamento con i drammi del suo tempo. Ora poi che una mutazione genetica ha trasformato il mercato del libro in una monocultura del best seller, spazzando l'editoria di progetto, essenzialmente datata. Se poi ci riferiamo ai libri di poesia, il campo si restringe ancora, terribilmente. Verrebbe da pensare che la poesia, oltre che l'editoria in generale, è in uno stato scoraggiante. Eppure ancora oggi di poesia si parla ancora, si produce, si discute sul suo stato di salute, si esprimono pareri critici. Come l'altra sera alla presentazione del libro di Nicola Vacca, Incursioni nell'apparenza (Manni editore, 10,00 euro) alla libreria Montecitorio di Roma, con gli interventi di Aldo Di Lello, capo servizio cultura del “Secolo d'Italia” e Gennaro Malgeri, consigliere del cda Rai. La poesia di Vacca in questo caso è mutata; da Serena musicasegreta (2003) passando per Civiltà delle anime (2004) fino a Incursioni nell'apparenza i versi cambiano notevolmente. Da sussurrati, ricercati e pieni di quotidianità di Serena musica segreta, arriviamo alla cronaca di momenti dolorosi, con una scenografia della tragedia in cui il palcoscenico è dominato dalle gesta di imbecilli. Il riferimento ai primi del secolo scorso è immediato: la poesia di Vacca si trasforma lentamente in attività artistica autonoma che non deve più educare per forza a ideali storici o difendere principi etici. Essa diviene soprattutto una testimonianza del dramma che stiamo vivendo. Si tratta di una testimonianza del poeta-guerriero, che lascia il verso d'amore e si propone, anzi lotta e combatte perché non si vuole assolutamente rassegnare al declino morale dell'intelligenza. Basta scorrere i titoli dei capitoli per capire: Morte occidentale; Metafisica della ferita; Il male chiaro; La spada di Dio; Stato d'allerta. Uncambio di rotta con una lettura tormentatadel nostro Occidente, cheappare sotto un'ottica di estremasofferenza. Un viaggio nella civiltà,con un chiaro riferimento aquell'11 settembre 2001, implosonel fuoco del fondamentalismo,ma senza quel taedium vitae e quellospleen, quel senso di vuoto e delnulla chiarito da Charles Baudelaire.E qui lo Spleen, che è una parolainglese che sta a significare un particolarestato d'animo fatto di tristezza,di disperazione, d'angosciaesistenziale, di incapacità a stabilireun rapporto con il prossimo e avivere la realtà presente, ha vita difficile.È quasi una dichiarazione diguerra, non la presa d'atto di unadisfatta. È il sintomo di un malessere:Erich Auerbach affermerebbe che consiste in «una disperazione senza via d'uscita che non si lascia ricondurre ad alcuna causa concreta... è la paura paralizzante, il panico per l'inevitabile inganno che irretisce la nostra vita, la rovinosa totale caduta in questa terribile condizione», ma che Vacca sintetizza nei versi caparbiamente senza Dio, ma che sono pregni di ricerca e riconoscenza verso un Essere Superiore.