Il padrone dell’ombra

Il padrone dell’ombra

sottotitolo
Racconti del basso Salento
copertina
anno
2007
Collana
Categoria
pagine
120
isbn
978-88-8176-941-4
9,50 €
Titolo
Il padrone dell’ombra
Prezzo
10,00 €
ISBN
978-88-8176-941-4
Queste storie di vita rigorosamente vere sono state scritte sul filo della memoria personale e collettiva.
Ma protagonista principale vivo e palpitante è un territorio con il suo lavoro e la sua cultura. Il basso Salento è tutto qui, nelle cave della contrada Matine, nelle terre fertili di Ugento, nel mulino di Corsano, nella raccolta delle ulive con oltre cento braccianti nei feudi di Nociglia, Miggiano e Ruffano. E c’è il mercato di bestiame a Tricase, le trigenie, il culto di Santa Marina patrona dell’emicrania a Ruggiano, i vopilli di Novaglie…
 
 
 
 
Rocco Esposito è stato magistrato di alto profilo. Ora scrive poesie e prose, legge molto e trasmette le sue letture agli altri, fruendo di straordinaria memoria.

Incipit
 

Il padrone dell’ombra
 Massaru Ronzu ne andava molto orgoglioso.
Un albero di noce così non si trovava in tutto il Meridione.
Forse l’unico albero di noce che poteva competere con il suo era il famoso noce di Benevento, ormai distrutto, dove si racconta che un giorno si era riparato un battaglione di soldati e aveva fatto bivacco, e dove si sapeva che da sempre avevano abitato le streghe, le terribili streghe di Benevento temute in tutto il mondo.
Ma neppure sotto questo aspetto il suo albero era da meno: anche all’ombra del suo noce un tempo si celavano le streghe, come aveva appreso da suo padre, il quale a sua volta lo aveva saputo dal nonno, e costui dal bisnonno, e così da padre in figlio fin dalla settima generazione.
E proprio questo numero aveva per lui un doppio significato simbolico. Malefico, perché nella storia del mondo tutte le cose cattive erano sempre sette: sette i peccati mortali, sette i vizi capitali, sette quei bastardi di re di Roma, che tanto danno avevano fatto nell’antichità, e così di seguito; benefico, perché sette erano le opere di misericordia spirituale, sette quelle di misericordia corporale, sette le stelle dell’Orsa Maggiore. In una, il mondo era governato dal numero sette, sia nel bene che nel male.
Suo padre gli aveva raccontato che un loro avo, anche lui di nome Oronzo, nei primi anni del secolo scorso viveva in quel podere, dove esercitava il mestiere di maniscalco e, nei periodi di scarso lavoro, si dedicava alla coltivazione della terra: perciò tutti lo chiamavano mesciu Ronzu.
Questo loro antenato era un uomo corpulento, assai alto, forte come un toro, tanto che sollevava un sacco d’orzo da un quintale col solo braccio destro e lo portava sulla spalla come se fosse stato un fuscello.
Si racconta che una volta aveva una scrofa del peso di oltre un quintale; questa bestia aveva il vizio di uscire dal porcile, dopo avere divelto alcuni conci di tufo del recinto, per andare a fare scempio delle verdure dell’orto. Mesciu Ronzu più volte l’aveva frustata e costretta a rientrare nel porcile senza che la stessa imparasse la lezione. Un giorno, trovatala ancora nell’orto, le aveva sferrato un forte pugno sul muso e l’aveva tramortita. Poi l’aveva afferrata, portata sulla spalla e gettata con violenza nel porcile. Mentre faceva ciò aveva gridato:
«Signora, forse mi potrai fregare per intelligenza, ma non per forza!»