Il valzer muto

Il valzer muto

copertina
anno
2008
Collana
Categoria
pagine
32
isbn
978-88-6266-021-1
4,75 €
Titolo
Il valzer muto
Prezzo
5,00 €
ISBN
978-88-6266-021-1
Bevemmo assenzio, fumammo, tirammo un po’ di zucchero, e ridevamo molto,
e decidemmo di andare quella sera stessa a incendiare il Louvre.
 
 
 

Un incontro tra una medium e una ladra in un museo, sotto la luminosa sensualità dei quadri di Tamara Lempicka.
La prima racconta, come fosse la pittrice polacca, le avventure con Filippo Tommaso Marinetti, gli amori con le modelle, le gite in Bugatti.
L’altra, in attesa di rubare un dipinto, si lascia sedurre in un’erotica danza.

Progetto grafico di Roberto Gorla e Michela Barbiero
 
INCIPIT
 
«Non ha sentito l’avviso di chiusura, evidentemente», disse la donna pallida. «Resti immobile dov’è, per favore.»

 Fece tre passi lenti verso di me e si fermò.

«Credo di no, in effetti», dissi, restando immobile e inarcando il sopracciglio sinistro, infastidita.

Il fastidio non era per essere stata sorpresa, ma per il fatto che secondo le informazioni e i sopralluoghi, un terzo passaggio di sorveglianza era del tutto escluso. Le luci erano già state abbassate. L’antifurto notturno doveva, a quel punto, essere entrato in azione.

L’apparato, questa era l’informazione più preziosa che avevo ottenuto preparando il colpo, misurava la quantità di movimento: gli spostamenti che si prolungassero nelle sale per oltre tre secondi secondi facevano scattare l’allarme. Bastava non muoversi più a lungo di tre secondi ogni volta, e l’allarme non partiva. Mi ero esercitata molto, e sapevo che avrei potuto fare il mio lavoro rispettando quella rallentata sequenza.

Invece, eccomi sorpresa.

La donna non aveva, in realtà, l’aspetto di una sorvegliante: indossava un vestito lungo di seta blu, i capelli erano raccolti in un’acconciatura solenne, all’indietro, con sfumature anch’esse bluastre sulle compatte bande laterali. Le scarpe dal tacco alto nella penombra sembravano nere, ma ero sicura che fossero anch’esse blu.

Avevo l’impressione di averla già vista. Non solo per l’acconciatura, che era quella, documentata da molte foto, con cui Tamara partecipava alle feste americane: anche la faccia, per quanto trasformata dal trucco luminescente, mi era nota.

«Le suggerisco di nuovo di non muoversi», disse. «È attivo un antifurto: registra i movimenti che si prolungano oltre i tre secondi. I movimenti del corpo, intendo, non delle labbra…»

Tacqui, perplessa. Ero pronta a sostenere di essere rimasta chiusa per errore nella mostra, naturalmente, ma la donna in blu si comportava in modo strano.

«Così, eviteremo di sentire strillare una fastidiosa sirena d’allarme», disse in tono leggermente snob, sorridendo.

«Ero nella toilette», cominciai a spiegare, imitando l’ansia della sprovveduta nella voce. «Devo essermi trattenuta un poco, non escludo persino di essermi addormentata: soffro di una leggera forma di narcolessia, e…»

La donna in blu alzò una mano, interrompendomi, e disse lentamente:

«A volte avvengono delle cose singolari, a causa di un sogno, o anche solo di un sonno…»

Corrugai la fronte, sollevai il sopracciglio ancora un po’, e in quel momento la riconobbi: era Marina Musi, la direttrice della Permanente.