In campo creativo ha avuto significativi riconoscimenti.
Primi versi
I
In principio fu il corpo
di morbidi bamboli assetati di
ruscelli che s’aprivano la strada
fra tondeggianti alture bianchi
di latte dolce come il miele dell’ape
che s’indugia e non s’affretta ma la
golosità espande come nettare per
dove si posa con zampe di velluto.
Non durò che l’alba d’un mattino.
S’essiccarono i lattei ruscelli
che dal corpo della madre
nostalgia di perduta consuetudine
a me infante elargivano parole come
succhi essenze indistinte e potenti.
La casa sul poggio guarda in lontananza il mare, uno
spicchio appena riluce azzurro tra due linee curve e ricciolute
come tra le cosce di una donna. Così vicino in linea d’aria da
sentirne il sapore salmastro e arcano del suo fondo millenario
così lontano invece se lo sguardo si accorcia e si posa sul
fico nell’orto. Inquieta. Nel riquadro della finestra la giovane
madre rivolge gli occhi cupi e profondi alla creatura di latte e
miele che s’attacca vorace al petto che si curva nell’offerta.
Sorride appena. Lei è mora con i capelli lucenti come nere
ali di corvo. Occhi i suoi bruni e turbati, occhi che cacciano e
inseguono la preda. La neonata che si perde in gorgogli di
beatitudine è invece rosea e tonda, e ingorda. Ha occhi di
mare cangianti nelle ore che scortano il giorno, e una paglia
d’oro fino cresce al sommo del cranio rotondo come polito
sasso di fiume. La madre si protende su di lei, fiuta golosa
quell’odore fresco di zucchero filato, allenta un poco le fasce
che tengono stretta la bambina per farla sgambettare e la
guarda per poco mentre s’addormenta. Poi oltre la finestra
oltre le colline intorno volge lo sguardo dove la richiama il
mare.
II
L’asina che sopporta il basto a capo chino
e l’occhio bardato guarda innanzi mansueto.
Poppea Sabina che servita da schiave nubiane
faceva il bagno nel latte d’asina
per mantenere la sua pelle giovane.
L’asina bigia e mite è mia madre di latte
e il suo nato a me da fratellanza unito.
Ne ho di lei nella mitezza che orienta
lo sguardo sulle cose del mondo,
nella flessione della testa che si piega
nell’offerta dello sguardo tondo e largo.