Versi estremi

Versi estremi

copertina
anno
2009
Categoria
pagine
64
isbn
978-88-6266-205-5
nota
Prefazione di Romano Luperini
Versi estremi intitola Leonetti. Facendo intendere che saranno i suoi ultimi. Estremi, direi, anche nel senso che portano all’estremo una tendenza sempre presente in Leonetti nella sua lunga carriera di poeta, di narratore, di saggista strano e scontroso: quella di un materialismo talora aspro ma sempre serenamente vitalistico. Caduti i miti e le speranze giovanili, ruinate le ideologie che lo avevano appassionato per un cinquantennio, esauritosi il problematicismo culturale degli anni fra “Officina” e “Il Menabò” da un lato e l’impegno politico e “Che fare” dall’altro, è rimasto solo quest’originario impulso alla vita sostenuto da una elementare filosofia materialistica: è rimasta la straordinaria semplicità di questi Versi estremi.
Romano Luperini
 
PRIMI VERSI

Io stesso: situazione

Io scribacchino celebre son qua.
Sul taccuino segno i primi moti
sia d’idee critiche che di furori.
E chi non gode, non ammira i suoni,
le assonanze, i buchi, adesso crepi!
Io non posso far meglio: non cammino!
e però camminavo come un dio:
ragazzo, in guerra, su dal basso Lazio
sino a Bologna fuggendo dai nazi…
poi dietro a donne, ai libri, alle riunioni
per tutte le città, che passo avevo!
ed ora non ho perso solo il cazzo,
ma la gamba: mi è fragile l’ossame
e incerto l’equilibrio: io perdo un arto
all’improvviso: sette volte a terra,
con sangue, tagli, botte, e miei terrori,
perdendo forse la coscienza, in rischio
con tutto un arto… Che schifo il vecchiume,
ho pure già l’orecchio semisordo,
il cuore nel controllo, incerto il ventre;
sto sdraiato nel letto o sul divano,
bado al compito stretto e insieme all’ano,
non scrivo più se non per un mio sfogo,
ora va bene il sonno eterno, o il rogo!
Certo ho gli ottanta, con gli amici morti:
per l’età non basta, c’è una pecca…
Né mi piacciono gli ossi dello scheletro:
vorrei venir mangiato a poco prezzo,
finire come un animale eccelso!
Chi mi vuole mangiare, cotto o fresco?
col condimento, i vini, con lo zucchero…
prometto che per lui scrivo un poemetto.

L’eros

Me non incanta il rapporto dei sessi:
io mi ricordo, è ovvio, le sei o sette
donne con cui cadevo dentro un letto
o su un prato o strada o riva. Il meglio
era per me l’osservar lei ridente,
in moto, sospirosa, se godeva.
Certo ero forte, con lunga durata;
qualcuna mi mandò presso un’amica
che era triste, in quanto nulla. E con me
io vidi che godeva, evviva… Eppure
io sentivo di più succhiando il petto
o il ventre stesso, dopo i baci e i diti…
Perché? quando l’amore c’è, intenso,
dentro, per gli atti, le parole insieme,
anche il pene risente la compagna;
altrimenti è lo sfogo, per un uomo.
E la donna subisce, col suo gioco,
e se si sente in fremito è felice.
Abbiamo buono solo questo caso.

Donne

Ballano, cantano, e a volte s’intrecciano
tutte le belle donne recitanti
col profilo del seno e a pezzi nude
nel tele che ci tiene e ci diverte
fin dal mattino, sino all’alta notte,
con i giochi di luce e di gambette,
o sono forse prostitute o vacche,
certo guardiamo con sorriso a quelle.