Giacomo Leronni, La polvere del bene

29-01-2009

L'eleganza del suono, di Giusi Alessandro Falco

La parola poetica per dirsi. Una scelta coraggiosa, quella di Giacomo Leronni, giovane poeta e professore di Gioia del Colle, che ha da poco pubblicato per Manni Editori Polvere del bene, la sua prima raccolta di versi.
Si tratta di un’opera snella e di lettura agile, divisa in capitoli, o in tempi, come una composizione musicale. Ed ha qualcosa del romanzo come della musica. Le poesie, infatti, hanno spesso il tono semplice della prosa. Parlano di vita, prendono materia viva dalle esperienze dell’autore, siano esse legate alla quotidianità della stanchezza o alla descrizione di ciò che il poeta vede attorno a sé. Talvolta, assumono la forma più meditativa di riflessioni sul tempo, senza mai perdere in leggerezza e sempre seguendo il filo del racconto, forse l’immagine di un’esistenza intera, e di tutte le sue inquietudini che, nel primo capitolo, Dimore restie, sembrano non trovar pace. C’è una vena malinconica che si percepisce nella lettura, ma dolce, e che sembra rasserenarsi quando giunge A valle del dolore, in cui persino la «notte più chiara».
Le pagine colpiscono per l’eleganza della scrittura, che si fa spesso ricerca dei suoni, alternando un ritmo ora incalzante, ora largo. Così ogni poesia diventa un piccolo concerto, e l’invito ad ascoltarlo viene dal titolo della parte centrale del libro: «Onore al silenzio». Le parole appaiono talvolta ermetiche, ma la comunicazione non viene mai sospesa. Al contrario, è sempre evocata, pone interrogativi, cerca il dialogo, rivolgendosi a seconde persone immaginarie, per non far perdere mai la strada della lettura. È facile intuire il rapporto privilegiato di Leronni con la scrittura, che riesce a modellare con grande naturalezza. E senza presunzione, nonostante non sia proprio un poeta esordiente, ed abbia già esperienza di pubblicazioni su riviste nazionali.
Polvere del bene è un libro da leggere dall’inizio alla fine, trasportati dalla forte spinta emozionale, che regge fino all’ultimo verso, che non stanca, che sorprende sempre.