Noir di Puglia processato e assolto, di Antonella Lippo
Si è celebrato ieri, nell’aula della Corte d’Appello di Lecce il primo, inedito, processo a un libro. Autori alla sbarra, dei quali sei contumaci e quattro presenti in aula. Il corpo del reato, il libro Sangu, pubblicato da Manni, è stato posto al centro del banco degli imputati, proprio di fronte alla scritta «La legge è uguale per tutti». Si è trattato dunque di una inusuale, ma molto accattivante presentazione, che ha voluto puntare l’indice sul genere noir e sulle sue relazioni pericolose con la cronaca. A rappresentarlo in aula sono intervenuti Elisabetta Liguori, Omar Di Monopoli, Livio Romano, Piero Manni. Non è stato concesso loro neanche un avvocato d’ufficio, ma i quattro scrittori (i moschettieri del noir), hanno saputo articolare la propria difesa, confidando in un giudizio equo.
Le fasi del dibattimento sono state seguite con grande attenzione dalla corte, rappresentata perlopiù da giornalisti, chiamati ad assistere ed eventualmente testimoniare. Prima di giungere al verdetto finale, espresso all’unanimità, i quattro scrittori presenti in aula (nella gabbia degli imputati detenuti) riportiamo alcuni passaggi delle memorie difensive degli imputati. Elisabetta Liguori non solo ha dichiarato la sua innocenza, ma ha ringraziato il genere letterario noir, nel quale si è cimentata per la seconda volta. Scrittrice recidiva, ha ringraziato proprio questo genere, che le ha dato la possibilità di confrontarsi con la realtà e raccontarla, partendo magari da un singolo dettaglio. Per Omar Di Monopoli è il noir, il filone che maggiormente gli appartiene, ma ha ammesso che in questo caso si è lasciato coinvolgere dagli echi del caso Scazzi. Per Livio Romano è proprio l’indignazione per alcuni fatti di cronaca la molla per scrivere e far emergere, attraverso la chiave letteraria, i soprusi dei vari poteri: dagli scandali in sanità a quelli in ambito ecclesiastico. Dichiarazione di innocenza anche per Piero Manni, che ha sottolineato di aver accettato «di presenziare a questo processo e di non sottrarsi ad esso con leggi ad hoc, in difesa del valore della democrazia che è garantita dall’equilibrio dei poteri».
Il pronunciamento della Corte, diciamo la verità era prevedibile: il Presidente, Sua Eccellenza Mario Buffa, ha assolto con formula piena tutti gli imputati. «Sono tutti meritevoli di aver fatto un buon lavoro» ha dichiarato il Presidente della Corte d’Appello. In questo genere letterario si ritrovano descritte una serie di paure che attraverso la letteratura vengono così sdrammatizzate. Onore al merito dunque a tutti gli autori e soprattutto al coraggio di essersi sottoposti ad un verosimile processo per sottolineare l’intento di questo libro, che è quello di controbilanciare la cronaca nera, che per mesi ha fatto guadagnare la ribalta mediatica alla nostra regione. A questa sorta di morbosa ossessione, la letteratura risponde con sagacia e ironia. Va riconosciuto anche all’editore il merito di aver saputo raccogliere intorno a un libro autorevoli firme, tutte indigene, che hanno saputo difendere l’immagine di una Puglia letteraria diversa. Una cartolina, non patinata e con i cangianti colori del mare; ma con un rimando agli accesi e decisi colori di Stendhal, al rosso sangue e al noir.
A leggere il titolo, ci vengono i brividi, e non certo per gli effetti collaterali del genere: Sangu. Racconti noir di Puglia. Il dialetto salentino, il noir… non se ne può più! Poi, però, solchiamo le soglie del testo, leggiamo i nomi dei dieci autori, di qualità, coinvolti e la predisposizione cambia: Cosimo Argentina, Rossano Astremo, Piero Calò, Carlo D’Amicis, Daniele De Michele donpasta, Omar Di Monopoli, Elisabetta Liguori, Piero Manni, Livio Romano, Enzo Verrengia… ahia, c’è anche l’editore! Vabbé, ma almeno neanche un magistrato-scrittore: è già qualcosa! O quasi. La Liguori in effetti lavora presso il Tribunale per i Minorenni di Lecce. Perdonata…
Scherzi a parte, il nuovo titolo pubblicato nella Collana Punto G di Manni editore, collana che ospita la narrativa di qualità e di ricerca (ricordiamo il Maschio adulto solitario di Cosimo Argentina, uno dei più bei romanzi italiani degli ultimi anni), interpreta la maniera così accentuata, caricata gli stilemi del genere, da dissipare alla lettura ogni sospetto di opportunismo editoriale, nonché di pleonastica ripetizione di una narrativa di genere – e di tutta la sua presunta capacità di analisi del reale.
Certo, nelle intenzioni dichiarate vi è quella di offrire una faccia della Puglia fuori cliché, che si supponga anche più autentica («non è un libro per turisti alla ricerca di taranta e orecchiette con le cime di rape», ci informano): ma ogni tentazione di realismo o – e anche qui, francamente, non se ne può più – di reportage narrativo è sventata. Dieci racconti, che si offrono (persino esplicitamente, nel titolo di Daniele De Michele donpasta, Esercizi di stile su un uomo, una donna, un malvivente, un clandestino) come «esercizi di stile», più o meno riusciti, come spesso accade nei volumi collettanei. E in particolare ci ha colpito il gioco sulla lingua, che ci ricorda qual è il mestiere primo del narratore. Così apprezziamo il contributo di D’Amicis, Ammazzare i morti, che compone in gustoso italo-albanese pecoreccio un criminale flusso in prima persona per più di venti pagine. O di Omar Di Monopoli, che conferma in Maledetta maciàra la sua abilità a reinventare i dialetti delle Puglie per affrescare fondali epici da spaghetti western con le tinte forti di quanto di truce e malavitoso di appartiene. Un’antologia godibile, che, se non aggiunge nulla di memorabile, certo dà ulteriore conferma della maturità e disinvoltura acquisite dalla nuova narrativa nostrana.