Walter Pedullà e le anime della letteratura, di Rossano Astremo
La critica letteraria è morta? Quante volte abbiamo sentito negli ultimi tempi questa espressione. Non ci sono più i Debenedetti e i Cecchi di una volta, questo è vero, ed è anche vero che, ad esempio, le terze pagine dei più importanti quotidiani italiani lasciano poco spazio per riflessioni critiche attorno ai libri, preferendo riempire pagine con pettegolezzi a sfondo letterario o con anticipazioni di libri in uscita.
Al critico letterario di professione, solo le briciole. Pensate a quelle rubriche presenti su alcuni settimanali nei quali sui cerca di sintetizzare la bellezza di un libro in venticinque parole. Esercizi di stile sterili. Con le dovute eccezioni e con la presenza di alcuni "eretici" che nobilitano la tanto vetusta professione.
Uno di questi è certamente Walter Pedullà, critico militante e storico della letteratura tra i più lucidi ed impegnati oggi in italia, che ha da poco pubblicato per Manni E lasciatemi divertire!, raccolta di interventi apparsi nel corso degli anni su diversi quotidiani e riviste. Il titolo trae origine da un verso di Aldo Palazzeschi, uno degli autori più amati dallo stesso Pedullà. E l'aura di Palazzeschi, autore di romanzi cardine del nostro Novecento, da Il codice di Perelà alle Sorelle Materassi, da Il doge a Stefanino, è presente in tutto il libro in questione.
Di Palazzeschi Pedullà conserva l'arma dell'ironia e, soprattutto, lo scrittore fiorentino rappresenta per il critico romano una sorta di riferimento imprescindibile per tutta la letteratura sperimentale dello scorso secolo. Palazzeschi, futurista sui generis, è stato autore del manifesto Il controdolore, nel quale afferma, tra le altre cose, che "l'umorismo permette di prendere coscienza della condizione tragica e ridicola dell'uomo". E, conseguenza di queste verità, Pedullà considera l'opera di due grandi scrittori quali Cesare Zavattini ed Achille Campanile strettamente connessa all'operare di Palazzeschi.
Ma nel saggio in questione Pedullà analizza l'opera di altri scrittori sperimentali, da Alberto Arbasino a Carlo Emilio Gadda, da Luigi Malerba a Stefano D'Arrigo. E Pedullà è uno dei più grandi studiosi in Italia di D'Arrigo, a lui si deve al ripubblicazione, nel 2004, del capolavoro dello scrittore siciliano, l'immenso Horcinus Orca, romanzo-mondo, alla stesura del quale D'Arrigo ha lavorato per tanti anni. Certo, scrive Pedullà: "Rassegnatevi come Gadda al fatto che avranno sempre più successo dei poeti i giornalisti, un campione sportivo che scriva le memorie, un play boy che racconta le proprie avventure e un cameriere che sia vissuto accanto a un celebre uomo politico o artista".
La rassegnazione, però, non si addice a Walter Pedullà, perché chiosa affermando: "Gira come sempre il villaggio globale. E come sempre, a distanza di anni, si capirà chi aveva davvero talento. La critica deve provare a indovinare, a scommettere. Scommettiamo che un giorno D'Arrigo avrà il successo che merita?" Ai posteri l'ardua senrtenza.