Una mano rotta

Una mano rotta

copertina
anno
2007
Argomento
Collana
Categoria
pagine
114
isbn
978-88-8176-951-3
13,30 €
Titolo
Una mano rotta
Prezzo
14,00 €
ISBN
978-88-8176-951-3
Una storia di vita, ricca di avventure e disavventure descritte coinvolgendo il lettore, catturato in una trama di sottilissima ironia e in un adagio musicale che diventa minuetto e poi complessa sinfonia.
Gianfranco Bettetini è stato ordinario di Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa presso l’Università Cattolica di Milano. È responsabile attualmente di due corsi allo IULM. Si occupa da oltre venti anni di temi legati al rapporto tra comunicazione e società. Ha sceneggiato e diretto programmi e film per la RAI. Questo è il suo sesto romanzo.

INCIPIT

 

Un elicottero e una mano

Un elicottero dell’unità di soccorso volava sopra la testa degli indigeni e dei turisti, impegnati nel loro lavoro o in qualche escursione più o meno rilevante o sdraiati al sole e immersi in letture poco impegnative; alcuni, addirittura addormentati.
Il passaggio di quel grosso insetto meccanico non incuriosiva più di tanto i suoi spettatori: quasi ogni giorno, d’inverno o d’estate, qualche utente della montagna imprudente o sfortunato finiva per cadere su una pista o lungo un sentiero e per aver bisogno di quel mezzo per essere trasportato all’ospedale di Bolzano o a quello di Bressanone. Tutt’al più, si sarebbe aggiunto, l’indomani o entro pochi giorni, un altro elemento alla schiera degli ingessati.
Quell’elicottero, comunque, trasportava un giovane pianista molto stimato dalla critica, accompagnato dalla ragazza che lo assisteva, cercando di fargli dimenticare (ma a parole…) dolori lancinanti in diverse parti del corpo e, soprattutto, alla mano destra. Lei stessa era una musicista: suonava il violino, ma era molto lontana da un livello riconosciuto di competenza e, soprattutto, da quanto il suo Giorgio cercava di comunicarle, di instillare pazientemente nella sua sensibilità e nel suo universo culturale.
La sera del giorno precedente, Giorgio Lancetti aveva tenuto un concerto come solista presso la Kulturhaus di Siusi: una di quelle strutture pubbliche architettonicamente funzionali e frutto di una sapienza tradizionale che, in Alto Adige, sono diffuse in quasi tutti i paesi e, addirittura, in molte frazioni. Di fronte a un pubblico composto da italiani, tedeschi e austriaci, che gremiva la sala, il nostro pianista si era esibito in un programma che spaziava da Bach a Beethoven a Chopin, conseguendo un successo molto vivo. Marina, la ragazza, gli aveva voltato le pagine della partitura solo per la sonata n. 32 op. 111 in Do minore di Beethoven, dove Giorgio si imbatteva spesso in qualche problema di memoria.
Fu proprio Marina a convincerlo, la mattina successiva: avrebbero potuto ritardare il viaggio verso Milano e salire con l’ovovia all’Alpe per poi scegliere il sentiero verso qualche rifugio. Ma al ritorno si verificò l’incidente: Giorgio, forse eccitato dall’aria dei duemila metri e dalla raffinatezza, oltre che dalla quantità, di ciò che avevano bevuto e mangiato la notte, dopo il concerto, volle saltare da un tratto del sentiero all’altro, evitandone un’ansa.
L’impresa gli riuscì, ma non altrettanto l’impatto con il terreno. Fu costretto ad appoggiare la mano destra proprio su una pietra che sembrava messa lì da sempre per aspettare la conclusione del suo volo imprudente. Picchiò anche violentemente un ginocchio e i glutei: ma queste parti del suo corpo non lo interessavano; era la mano, storta, sicuramente sede di qualche frattura, con alcune dita che non riusciva a muovere, a concentrare le sue preoccupate attenzioni e la sua crescente sofferenza.
Fortunatamente, Marina aveva con sé il numero telefonico del soccorso, che chiamò con il cellulare. L’elicottero riuscì ad atterrare non molto lontano dal luogo della nefanda esibizione atletica di Giorgio, che vi fu trasportato per mezzo di una barella.
Durante il volo, si contorceva per il dolore, se la prendeva con se stesso, con la ragazza che aveva avuto l’idea dell’escursione; ma, soprattutto, cercava di cancellare dentro di sé ogni traccia di timore per le condizioni della sua mano e, naturalmente, per il suo futuro.
Al reparto di ortopedia dell’ospedale di Bolzano, costatarono che l’unica parte del suo corpo seriamente offesa era proprio la mano. Radiografie, massaggi dolorosissimi… fino all’ingessatura. Quando tutto sembrò, almeno provvisoriamente, finito, Giorgio piangeva e dimostrava esplicitamente insicurezza e ansia.
Non era convinto delle cure che gli avevano e che forse gli avrebbero ancora prestato in quell’ospedale: pensava ad altri dottori, ad altre cliniche, magari all’estero. Questa tensione interiore raggiunse poi il suo acme, quando un medico serio ed evidentemente stimato da quanti lo aiutavano, saputo che il paziente era un pianista, si ingarbugliò in un discorso intricato e confuso, dove si mescolavano certezze, speranze e preoccupazioni.