Ora sì che bisognerà lavar tutto, sta dicendo. Darsi da fare con l’ammorbidente. Versarne a litri nel cassettino, per far tornare il vestito nuovo come era prima che papà Claudio cambiasse idea. Prima che il morto morisse. Prima che le finestre s’accendessero in coro. Prima che arrivassero in un pacco d’oro le scarpe con la fibbia e sparissero le sedie dalla strada. Strofiniamo più forte, mamma. Carichiamo i colorati, carichiamo i colorati! Ora che parte la centrifuga, vedrai, si rovescerà il mondo e tutti cammineranno sulle mani, come al circo di Nando Orfei, quando viene Natale.
Flavia ha solo otto anni e conosce la forma della morte.
In piedi su una sedia, il naso incollato alla finestra, in una calda notte di giugno ha assistito al delitto di Germano Scalise, consigliere comunale di un paesino del Salento.
Dai suoi racconti incerti dipende la felicità di molta gente, e innanzitutto la propria.
A raccogliere i ricordi, i disegni, i cinguettii della bambina c’è Concetta, assistente sociale in sovrappeso, donna abitudinaria e semplice, con il suo piccolo rassicurante universo: un solo antico amore, la madre cocciuta, un badante indiano dal cuore d’oro, l’amica fidata, una cagna inquieta.
Le vite di Flavia e Concetta si legano saldamente, mentre le stagioni sfilano mute, reticenti, immobili come muretti a secco.
La verità non è che uno tra i tanti desideri che le tengono unite.
Qui l'intervista di Livio Romano all'autrice
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