Negli occhi di chi guarda
Negli occhi di chi guarda
D’inverno si possono trascorrere ore inseguendo il disegno delle correnti che si distinguono sull’acqua. Lo sguardo si perde nel labirinto di luci e di ombre, le correnti sembrano torrenti tortuosi che scorrono placidi sulla superficie: si allungano per chilometri, si corrono incontro e si confondono; si allargano e poi si separano nuovamente. E quando rinascono non sono più com’erano prima di incontrarsi. E se c’è il vento, allora, le ombre scompaiono, e la superficie s’increspa e diventa rugosa.
Da ragazzo osservavo il mare da qui. Proprio da sotto quest’albero di ulivo che tutti conoscono per l’albero di Maria Fortuna.
Siamo qui perché devo tenere fede a una promessa. Eleonora aspetta da tempo questa notte. È la notte di San Lorenzo, ed è una notte speciale… due volte speciale.
«La notte in cui compirò ottant’anni ti racconterò la storia della mia giovinezza» le ho promesso anni addietro. E ottant’anni li compio stanotte.
È curioso provare a ripercorrere i sentieri misteriosi attraverso cui si incrociano somiglianze tra lontani parenti. Prendete me ed Eleonora – per esempio. Guardatela: lei è alta, e ha i capelli biondi e ha gli occhi verdi. Nessuno sospetterebbe che discendiamo dalla stessa famiglia se non fosse per la luce degli occhi. Nei suoi brilla la stessa espressione di inquietudine che il mio maestro diceva di scorgere nei miei. La stessa luce che brillava negli occhi dello zio Ercole, disperso nel sud del Brasile, e in quelli azzurri, acquosi e tristi, di Maria Fortuna, cugina di mio padre che s’impiccò a un ramo di quest’albero di ulivo.
Ah, sapete… quando sono solo mi capita di guardarmi allo specchio. Ed è come se tra me e la mia immagine riflessa ci fosse un velo… una sorta di… di ragnatela grinzosa impressa sul volto; un intrico di solchi e di crepe mi deturpa il viso, tanto che io stesso faccio fatica a riconoscere Iennaro, l’antico guardiano di capre. E solo lo sguardo è rimasto quello di allora.
Tra tutte le cose scontate della vita quella meno sorprendente dovrebbe essere il trascorrere del tempo, eppure mi capita di chiedermi come tutto questo sia potuto accadere anche a me. Mi scopro invecchiato, colpito a tradimento mentre nutrivo la folle illusione che quello fosse un destino riservato solo agli altri.
E ora osservate; osservate laggiù! Godetevi l’estremo sussulto del giorno che muore; lo spettacolo dell’ultimo raggio del sole d’agosto che si placa dietro la linea dove finisce il mare. Nella penombra diventano più vivide le luci delle barche sull’acqua. E chissà chi sono, e che nomi hanno i pescatori che sono su quelle barche; e chissà che vite hanno, e che preoccupazioni. Chissà se hanno sogni, e se sono felici… E chissà dove nuotano in questo istante i pesci che più tardi finiranno in quelle reti. Li immagino che scivolano placidi nell’acqua. Avrebbero un’infinita libertà di movimento, e invece seguono traiettorie morbide oppure spigolose, ma tutte ugualmente disegnate da un destino che li porterà a impigliarsi nelle trappole parate dagli uomini.
Mi chiedo se tutto ciò che vi racconterò fosse già scritto.
Vi ha mai sfiorato il dubbio che siamo destinati a camminare lungo strade che qualcuno ha tracciato per noi, così come ha disegnato le traiettorie per quei pesci che presto finiranno nelle reti?
«Credi nella Poesia, Iennaro?» la domanda. «Sì, io ci credo» la risposta. Tra l’una e l’altra centinaia di giorni, e avventure, emozioni, risate, lacrime e miglia. Da un capo all’altro della terra.
E ora assettatevi! E tu… tu, siediti qui vicino a me, Eleonora. E voialtri, sì anche voi mettetevi comodi, ché questa che sta per cominciare sarà una lunga notte.
E adesso avanti, che è già tempo.