La sparizione

La sparizione

copertina
anno
2006
Argomento
Collana
Categoria
pagine
80
isbn
88-8176-841-0
8,55 €
Titolo
La sparizione
Prezzo
9,00 €
ISBN
88-8176-841-0
nota
Prefazione di Nando Vitali
Una lunga storia ambientata in un favoloso Sud, dove segreti e magia si intrecciano a formare una vicenda appassionata e commovente. Nando Vitali nella prefazione nota “la casualità e l’improvvisa virata nel fantastico che fanno del racconto dimora stabile nella mente e contemporaneamente, distacco leggero verso il meraviglioso, lo splendido”.
 
Emilia Santoro è nata nel 1959 a Napoli. Vive a Marano dove insegna lingua francese nella scuola primaria. Ha pubblicato racconti anche su “Linea d’Ombra”e “Dove sta Zazà”. Ha collaborato con “Il mattino”. Attualmente partecipa al laboratorio di Nando Vitali, L’isola delle voci.

Incipit
 

1. Vi presento il signor Alfonsino.
Suo desiderio è quello di sparire
Dopo la curva la traversa s’affossa nel silenzio estivo.
Vuoi per l’afa, per l’ora di prima sera, la stanchezza di doversi opporre al caldo, tutti i movimenti sembrano quelli di dietro le quinte, muti.
Il signor Alfonsino sta seduto sul balconcino a ringhiera del primo piano. Le gambe rilassate e divaricate, le mani intrecciate sul ventre.
«È proprio in questi momenti che mi sento assorbire dall’oscurità e, concentrato al massimo, potrei anche sparire completamente. Lo so.»
Ma ogni volta gli si ottenebra solo l’anima.
Resta lì, filiforme, col labbro inferiore carnoso e tenuto sporgente, a cucchiarella, come a dire: meglio star zitti e sparire.
I passanti appaiono assonnati o come appena svegli. Sembra inerzia la loro, dovuta più a pigrizia che non a torpore spirituale. Ma gli abitanti del luogo non sono frenetici come il resto dell’umanità.
Non a caso quella traversa si chiama Cupa Dormiglione.
«…e bisogna stare attenti all’afa» raccomanda il signor Alfonsino «perché fa sfiatare i pensieri dalle orecchie».
Per cui nell’ora di maggior calura si turano con la bambagia.
Il loro elisir di lunga vita consiste nell’essere magrissimi come stecchini per sfuggire ai raggi brucianti del sole.
«…eppoi si sa, come disse un famoso boia, i magri bruciano meno in fretta… E soffrono di più.»
Tant’è vero che i più secchi di Cupa Dormiglio­ne dicono di sentire in certi momenti un freddo dell’anima avvolgere il loro cuore.
«E allora meglio star zitti e sparire» ripete il signor Alfonsino.
Lui è del tipo che parla per proverbi prediligendo quelli con la parola meglio. Meglio essere invidiati che compatiti, meglio poco che niente, meglio tardi che mai… Insomma va alla pesca del male minore. Molti modi di dire li ha coniati lui. La sua arguzia è la saggezza di tutti.
La traversa ha vecchi negozi e le insegne sono senza neon o scritte a mano. Molti vendono ancora in casa. Cassette della frutta fuori dalla porta, sul marciapiede: quella è Cecilia la fruttivendola.
Ferraglia e pezzi di marmitte appese all’entrata e un foglio su cui è scritto torno subito: quello è Mimì il meccanico.
Ma c’è anche Nunziata che vende le bombole di gas. Tonino che raccoglie i cartoni con il triciclo e li deposita nel cortile di casa sua.
Antonietta vende i corredi e lavora all’uncinetto.
E fra una casa e l’altra molti muri, siepi e finestre. Comprese le finestre di una casa di campagna in cui si affittano camere ad ore. Quello si chiama Hotel Bolero.
Il signor Ferruccio passa e saluta il signor Alfonsino che non gli risponde e pensa: meglio star zitti e sparire.
Il suo desiderio cominciò durante la guerra.
Dal tram vide la testa di un passante saltar via per una scheggia di bomba. Il corpo camminò senza testa per almeno dieci metri nel suo gessato blu.
Il signor Alfonsino, aggrappato al finestrino del tram, smagrì ancor più in volto mentre vedeva le braccia dell’uomo prolungarsi in avanti come a chiedere aiuto.
Ma come era possibile che un uomo senza testa chiedesse aiuto?
Il tram non aveva nemmeno rallentato. Non c’erano posti a sedere e il signor Alfonsino s’abbracciò alla sbarra di sostegno.
Più rifletteva e più si convinceva che i pensieri circolano nel nostro corpo. Sì, i pensieri non solo gli impulsi.
Prima che cadesse la testa dell’uomo erano passati un impulso e un ricordo. L’impulso fu la richiesta d’aiuto che gli aveva fatto alzare le braccia. Del ricordo furono la prova le mani che si strinsero in pugni e l’intenso profumo di campi d’erba che svaporò, attraverso il collo, nell’aria.
«L’ultimo pensiero di quell’uomo è stato un luogo e chissà poi cos’altro» si ripeté il signor Alfonsino. «Peccato che le immagini dei ricordi non si impressionino sulla retina, per provare agli scettici la verità. Bisognerebbe studiarla più a fondo questa cosa.»
Il signor Alfonsino è più che convinto che i pensieri circolano dentro di noi e che anzi bisogna stare attenti a non perderli.
La maggior parte degli uomini alla vista del loro sangue sviene. Voi dite che perdono i sensi. Il signor Alfonsino afferma che perdono soprattutto i pensieri.
Un leggero tremolìo non l’abbandona più da qualche giorno. Dice che è arrivato il grande freddo e ringrazia l’universo per quell’infuocato sole.
Adesso sì che è vecchio e un po’ preoccupato perché, secondo lui, pensa troppo spesso all’universo.
La sua persiana si richiude sulla luce della stanza.
Ed è notte.